a cura di don Mariano Tallone

Il Vangelo della Domenica

dal Vangelo secondo Giovanni 9,1-41
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».                                      (...)

4ª TEMPO DI QUARESIMA (A)
Siamo nella “festa delle capanne”, festa di luce e di gioia che ogni anno faceva esultare per una settimana intera, con i suoi ritmi e le sue simbologie, tutto il popolo di Israele. Durante quei giorni Gesù compie il segno: un uomo nato cieco impara a vedere con gli occhi di Dio. Nella sua infermità, egli nemmeno si lamenta e non chiede la guarigione. È Gesù che prende l’iniziativa: si avvicina, tocca con saliva i suoi occhi, lo manda a bagnarsi alla piscina dell’”Inviato” ed egli torna che ci vede. 
Così fa Dio: prende lui l’iniziativa, perché a volte non ci vogliamo credere che siamo ciechi, e se non vediamo bene comunque la colpa sta nel mondo o negli altri. Dio desidera aprire ad una nuova vista, capace di vedere oltre, come vede lui (aveva condotto anche il profeta Samuele alla scelta di Davide, oltre le apparenze umane, come ci insegna la prima lettura). 
Quel cieco nato ci rappresenta tutti. I suoi sono i passi di chi si lascia avvicinare da Gesù e diventa discepolo. Passi nella fede: all’inizio Gesù è semplice “uomo”, poi “profeta”, poi “uomo di Dio”, infine “il Signore”, titolo con cui i cristiani proclamano la loro fede. Passi di chi diventa un altro, quasi irriconoscibile: persona libera, coraggiosa, sincera, sempre in ricerca. Passi del catecumeno che trova occhi nuovi proprio nel Battesimo di Cristo. Passi di chi è abbagliato dalla Luce e diventa “illuminato” da Cristo. 
Ecco, se Gesù non ci guarisce, rimaniamo ciechi. Possiamo convivere con la presunzione di conoscere Dio, indicando l’osservanza della legge quale unico criterio di fedeltà e il peccato, punizione del Signore, unica radice dei nostri mali. Anche gli apostoli, davanti al cieco, si chiedono: dove sta il peccato? In lui o nella sua famiglia? 
No, dice Gesù. Né in lui né nella sua famiglia. Gesù annulla la “teologia” del castigo: Dio non ferisce con vendette o punizioni. Credere che Dio sia contro l’uomo perché peccatore è il torto più grande che possiamo fare a Dio. 
Ci vogliono occhi nuovi, e Gesù ci riconsegna la vista, con polvere di terra e acqua di Dio. Gli occhi si aprono per vedere che impastate dentro il sudore, le lacrime, la fatica, il sorriso, la paura, il coraggio degli uomini ci sono le mani del Padre. Non siamo soli. 
Non ci abbandonerà mai. Non si allontanerà né ci allontanerà.
Buona domenica.