Saluzzo: Il compimento della Pasqua

La solennità di Pentecoste

Il nome greco di una festa ebraica
Tre erano le feste in cui era previsto un pellegrinaggio per gli ebrei osservanti: la Pasqua (liberazione dalla schiavitù), Capanne (il tempo nel deserto), Settimane (dono della Legge). Questa, celebrata sette settimane dopo la Pasqua, è detta anche Pentecoste, appunto, cinquantesimo giorno. La sua antica origine agricola la unisce alla gratitudine per i primi frutti primaverili.
Una festa cristiana
Nel IV secolo, anche i Cristiani iniziano a celebrare una festa solenne cinquanta giorni dopo la Pasqua. Le comunità hanno bisogno di recuperare i battesimi non celebrati nella grande Veglia pasquale, momento adatto per accogliere chi si preparava da anni a diventare cristiano. Il dono della Legge dato a Mosè si rivela come accoglienza dello Spirito Santo, legge iscritta nei cuori degli iniziati. Nel passato ebbe un’enfasi ben maggiore di quella che conosciamo noi: si celebrava fatti in ben otto giorni. Questo uso bizantino passò nella liturgia occidentale nell’età carolingia, solennizzando in particolare il lunedì di Pentecoste. Questo fu abolito solo nel 1969, ma in Francia, ad esempio, è ancora un giorno non lavorativo.
Quindi una festa dedicata allo Spirito santo?
Non c’è fede senza Spirito. Come la Cresima non è l’unico sacramento dello Spirito, così ogni domenica noi rinnoviamo il suo dono. Nella Pentecoste, tuttavia, è bello dedicare più attenzione a questa Persona della Trinità. Gesù nasce per azione dello Spirito in Maria, lo riceve al Battesimo di Giovanni, ne parla e lo dona dalla croce. Lo Spirito è la persona in tante persone, è la presenza di Dio nella creazione. Come non c’è nessuna vita priva di Spirito, così in alcuni momenti Egli è fortemente presente. A Pentecoste, fa nascere la Chiesa entrando nei discepoli impauriti e facendone missionari liberi, aperti a tutte le lingue.
Lo Spirito, questo sconosciuto
L’Occidente latino a cui apparteniamo è stato molto sobrio nei confronti dello Spirito. L’Oriente e, oggi, alcuni movimenti di origine protestante hanno dedicato più attenzione alla Sua presenza ed azione. Questi fratelli cristiani ci insegnano che la vita di fede non è un cammino solo morale o intellettuale, che in noi il Signore è presente ed attivo, può guarirci e unirci agli altri e a Lui. Anche il cattolicesimo si è arricchito recentemente di questa sensibilità preziosa.
Come vivere la Pentecoste oggi?
A cinquanta giorni dalla Pasqua, possiamo chiederci che cosa ne è stato del nostro incontro oggi con il Risorto. I discepoli hanno avuto bisogno del dono rinnovato dello Spirito, perché pur avendo incontrato Gesù risorto non avevano il coraggio di uscire dalle loro paure. Anche per noi può essere così. Essi, usciti finalmente e resi capaci di parlare le lingue di tutte le nazioni, furono accusati di essere ubriachi. Erano otri nuovi, ripieni di vino nuovo: noi non siamo forse più simili ai discepoli intimoriti? La fede chiusa nei cenacoli soffoca.
Quando e come invocare lo Spirito
La Chiesa non fa un passo senza chiedere il suo aiuto: lo invoca prima di scegliere il Papa, di ordinare dei ministri, lo chiama nella benedizione degli sposi, lo invoca nell’Eucaristia perché le offerte e i presenti diventino Corpo di Cristo. Sin da piccoli ne impariamo il nome facendo il segno della Croce, al catechismo Gli dedichiamo attenzione per la Cresima. Ma nelle giornate? Perché non invocarlo prima di agire (Vieni Spirito), perché non sostare sulla sua bella sequenza imparata a memoria (Vieni santo Spirito, manda a noi dal cielo), perché non recuperare il meraviglioso inno del IX secolo, così potente (Venir creator Spiritus)?