La parola del Papa

Sacerdote martire in Corea

Mercoledì 24 maggio Papa Francesco ha parlato dello spirito di evangelizzazione citando la figura di Sant’Andrea Kim Tae-gon apostolo della Corea.

In questa serie di catechesi ci mettiamo alla scuola di alcuni Santi e Sante che, come testimoni esemplari, ci insegnano lo zelo apostolico. Ricordiamo che stiamo parlando dello zelo apostolico, quello che noi dobbiamo avere per annunciare il Vangelo.
Un grande esempio di Santo della passione per l’evangelizzazione oggi andiamo a trovarlo in una terra molto lontana, ovvero nella Chiesa coreana. Guardiamo al martire e primo sacerdote coreano Sant’Andrea Kim Tae-gon. Ma l’evangelizzazione della Corea è stata fatta dai laici. Sono stati i laici battezzati che hanno trasmesso la fede, non c’erano preti, perché non ne avevano: vennero più tardi, pertanto la prima evangelizzazione l’hanno fatta i laici. Noi saremmo capaci di una cosa del genere? Pensiamoci: è una cosa interessante. E questo è uno dei primi sacerdoti, Sant’Andrea. La sua vita è stata e rimane una testimonianza eloquente di zelo per l’annuncio del Vangelo.
Circa 200 anni fa, la terra coreana fu teatro di una persecuzione severissima: i cristiani erano perseguitati e annientati. Credere in Gesù Cristo, nella Corea di quell’epoca, voleva dire essere pronti a dare testimonianza fino alla morte. In particolare, l’esempio di Sant’Andrea Kim lo possiamo ricavare da due aspetti concreti della sua vita.
Il primo è il modo che lui doveva usare per incontrarsi con i fedeli. Stante il contesto fortemente intimidatorio, il Santo era costretto ad accostare i cristiani in una forma non manifesta, e sempre in presenza di altre persone, come se si parlassero da tempo. Allora, per individuare l’identità cristiana del suo interlocutore, Sant’Andrea metteva in atto questi espedienti: anzitutto, c’era un segno di riconoscimento concordato in precedenza: tu ti incontrerai con questo cristiano e lui avrà questo segnale nell’abito o nella mano; dopo di che, lui poneva di nascosto la domanda – ma sottovoce: “Tu sei discepolo di Gesù?”. Poiché altre persone assistevano alla conversazione, il Santo doveva parlare a voce bassa, pronunciando solo poche parole, quelle più essenziali. Quindi, per Andrea Kim, l’espressione che riassumeva tutta l’identità del cristiano era “discepolo di Cristo”: “Tu sei discepolo di Cristo?”, ma a bassa voce perché era pericoloso. Era vietato essere cristiano.
In effetti, essere discepolo del Signore significa seguirlo, seguire la sua strada. E il cristiano è per sua natura uno che predica e dà testimonianza di Gesù. Ogni comunità cristiana riceve dallo Spirito Santo questa identità, e così la Chiesa intera, dal giorno di Pentecoste (cfr Conc. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2). E da questo Spirito che noi riceviamo nasce la passione, la passione per l’evangelizzazione, questo zelo apostolico grande: è un dono dello Spirito. E anche se il contesto circostante non è favorevole, come quello coreano di Andrea Kim, la passione non cambia, anzi, acquista ancora maggior valore. Sant’Andrea Kim e gli altri fedeli coreani hanno dimostrato che la testimonianza del Vangelo data in tempo di persecuzione può portare molti frutti per la fede.
Vediamo ora un secondo esempio concreto. Quando era ancora seminarista, Sant’Andrea doveva trovare un modo per accogliere segretamente i missionari provenienti dall’estero. Questo non era un compito facile, poiché il regime dell’epoca vietava rigorosamente a tutti gli stranieri di entrare nel territorio. Per questo era stato – prima di questo – tanto difficile trovare un sacerdote che venisse a missionare: la missione l’hanno fatta i laici. Una volta – pensate a questo che ha fatto Sant’Andrea – una volta egli camminò sotto la neve, senza mangiare, talmente a lungo che cadde a terra sfinito, rischiando di perdere i sensi e di rimanere lì congelato. A quel punto, all’improvviso sentì una voce: “Alzati, cammina!”. Udendo quella voce, Andrea si ridestò, scorgendo come un’ombra di qualcuno che lo guidava.
Questa esperienza del grande testimone coreano ci fa comprendere un aspetto molto importante dello zelo apostolico. Vale a dire il coraggio di rialzarsi quando si cade.