Fermo immagine di Alberto Abbà

Son Grato

Il me riflesso sul bicchiere appannato, mi osserva. Intorno lucine appese ai gazebo e musica.
Grato di questo viaggio. 
Tutto questo senza quel libro non ci sarebbe stato. Ai viaggi di sola andata si può abbinare un ritorno e quell’Alberto che passò per questi luoghi due anni fa è cambiato. Qui diventa Albe o Albè. Mutato, come queste terre. Quello che eravamo prima non siamo più. L’andata fatta di minuti rubati alla quotidianità nel tempo di una domanda, poi l’attesa di rivedersi. Sentirsi a casa è dove c’è qualcuno che apre porte e braccia. In casette profumate dal primo caffè, in saloni frementi di attività, in tendine in giardino o in yurte inclusive. Le coccole hanno forma di bicchieri, di piatti, di un tipico rognone (Geo non sa cosa si perde!). Sapori miei mescolati a sapori altri.
Le trovi in una telefonata che non ti aspetti o in una frase che ti arriva da chi camminando si ritrova. Giornate fra silenzi e parole. Nuovi amici che ti regalano tempo e voce e sorrisi. Fiato in una tromba e carezze sui tasti di una vecchia pianola. Altre storie che si aggiungono a quelle stampate. La gioia di un papavero disegnato su un vasetto di vetro e la malinconia nel tenere davanti a casa un cavallo per ricordare un tempo felice che non ritorna. Un casolare curato simbolo di famiglia e un campeggio che riempie con la musica un’assenza.
Stesse macerie, attese vane, nuova rabbia, a volte trasformata in energia a volte in rassegnazione.
I colori cambiano e l’arcobaleno rinasce ogni volta da una tavolozza disordinata che crea forme da incastrare in un puzzle. 
Era cammino, domande e ascolto. Erano righe scritte male su un quaderno. Sono amicizie e legami.
La vita ha sempre più fantasia di quello che pensiamo.
E nelle scintille di un falò, che volano verso l’alto, mi sento coccolato da quei volti e da quegli abbracci e ne avevo bisogno.