Fermo immagine di Alberto Abbà

Arredare le attese

Un cronometro corre lungo la linea del tempo. Una mano batte sul tasto che misura un’attesa e ribatte quando questa è finita. Come quel dispositivo che negli scacchi misura il tempo di ogni mossa. A forza di battere su quel tasto ci si accorge che tutte quelle attese messe in fila occupano spazio. 
Attese al semaforo, che arrivi il verde, che si diluisca una coda per un incidente o al casello in autostrada.
Attese in banca, alla posta, dal medico, dal panettiere. In coda al supermercato, in attesa del momento di pagare e di riempire la borsa. In attesa di salire su un treno o su un volo, o nell’aspettare qualcuno scendere da quei mezzi.
In attesa che si apra una porta dopo aver bussato o suonato ad un citofono. In attesa della campanella a scuola o di una sirena da cambio turno. In attesa dell’esito di un esame.
In attesa di una telefonata, di un messaggio, di una mail.
In attesa di una persona ad un appuntamento o di una risposta.
Aspettando che apra un locale per entrare o che chiuda per avviarsi verso casa. 
In attesa in sala operatoria, in sala parto o in qualsiasi tipo di sala. In attesa del proprio turno. Attese causate da qualunque ritardo.
In attesa che arrivino le vacanze, che arrivi l’estate, che arrivi il fine settimana, che arrivi proprio quell’età precisa. In attesa che spiova che nevichi, che vada via il sole dagli occhi. Che passi il caldo o il freddo. In attesa di guarire o che finisca un brutto momento. 
In attesa di cambiare lavoro, casa, compagnia.
In attesa di andare in pensione o di diventare grande.
In attesa di percorrere una nuova strada. Di dire basta o benvenuto.
Il timer conta-attese a fine giornata, settimana, mese, anno… misura un tempo non trascurabile. 
Una vita costellata di attese. Intanto che aspettiamo, arrediamo le attese, perchè anche quelle fanno parte di un tempo, che pare, non torni.
albiabba@libero.it