Fermo immagine di Alberto Abbà

Notte jazz

Le corde del contrabbasso smettono di vibrare accompagnate da una voce allegra di donna che ringrazia il pubblico, fra coppie di mani che battono a caccia dell’ultimo applauso. Le note di un sax registrato e un ultimo sorso di rum fra le sedie rimesse precise, i tavoli sparecchiati e le prime veloci pulizie nel locale ormai vuoto.
Fuori è solo pioggia e notte. Tutto in pausa e con quella sensazione di quando tutto può accadere.
Una telefonata in vivavoce diretta in America, all’asciutto dentro un’auto, in un tempo calcolato del rientro. 
La sella bagnata di una vecchia bicicletta aggrappata ad un segnale di stop. Due ragazzi che si baciano davanti ad un portone prima che uno salga in casa e l’altro no. I lampioni diffondono una luce discreta. Poco più in là dei lunghi portici offrono riparo a chi cammina svelto e a chi dorme senza un letto.
I lastroni di marmo brillano, la piazza è silenziosa, l’aria più pulita.
La via pedonale tagliata da uno zaino gigante marchiato Glovo, che si porta davanti una figura di uomo minuscola, avvolta in una mantellina gialla, lanciata a sfamare chissà chi e chissà perché.
Una ragazza fuma sotto ad un fungo acceso che prova a scaldare e a offrire un riparo. 
Le mie scarpe bagnate, il piumino nero che luccica. La pioggia che batte sopra un ombrello troppo piccolo. Qualche tram distratto, il mercato ancora silente, poche luci accese alle finestre.
Gli uccelli nel parco, recintato fra alti palazzi, cantano il loro jazz d’inverno, che pensavano fosse ormai di primavera. Dovrebbe essere alba ed invece è buonanotte. 
La porta si chiude, il quaderno si apre, la biro corre stretta fra tre dita. 
L’acqua scorre fra tetto e grondaia.
L’ultima nota orizzontale stacca precisa sull’occhio che abbassa silenzioso la sua saracinesca.     
albiabba@libero.it