Fermo immagine di Alberto Abbà

Cipolla e piccante

Buio e nebbia. Poca luce fioca nel quartiere. Insegne sfocate e riflessi sul ferro delle rotaie del tram. 
Asfalto bagnato, palazzi alti, automobili spente a bordo strada. Porta Palazzo è ad un passo, qui è soltanto periferia. Un piccolo dehor ancora senza tavoli e sedie, tiene il posto in attesa della bella stagione, facendosi spazio fra marciapiede e parcheggi. L’insegna, da vicino, rivela l’immagine di uno spiedo verticale in cui sta infilzato un kebab e subito sotto il nome del locale. L’interno è minuscolo, prima del banco solo qualche metro appena sufficiente per un paio di persone. Una cassa per scontrini e contanti e una vetrina che separa da pallidi tranci di pizza e crocchette varie. Una porta a lato conduce in una stanza dalle pareti spoglie che ospita due solitudini in tavoli separati.
I tre ragazzi dietro il banco sono egiziani. Indossano una maglietta rossa, con una scritta sulla schiena che non so decifrare. Fa molto caldo dentro, nonostante il fresco fuori. 
Loro sono di spalle: uno impasta, uno sminuzza, uno inforna. Cantano. Quasi a tempo con la canzone che esce da una radio. Musica etnica accompagnata dal ritmo di quelle braccia muscolose in movimento e da un leggero ondeggiare del busto. Una nenia che riempie il locale, sfuma nella foschia fuori e ti accompagna in paesi lontani. Senza trasmettere paure, senza il bisogno di guardarsi sempre le spalle all’udire parole straniere. Una voce improvvisa quasi mi sveglia da quella scena da film che nessuno vedrà: “Ehi amico, allora? Come lo vuoi il tuo kebab?”. Il ragazzo mi fissa tranquillo e sudato, in attesa di una risposta. 
“Con tutto, cipolla e piccante. Grazie”
Fuori resta la nebbia e una scia di carne arrostita compressa dentro quel caldo pane arabo, in attesa del prossimo morso.
albiabba@libero.it