Fermo immagine di Alberto Abbà

Di arance e abeti bianchi

Esiste un posto accogliente in una valle dal nome aspro “Angrogna”, che racchiude una storia di quasi 30 anni, vissuta insieme a Dario. Con il suo amore per i monti che diventa mestiere calzando ai piedi sci o scarponi a seconda della stagione. Il desiderio di prendere in gestione un rifugio, la zona ormai individuata. I programmi spesso son fatti per saltare, in questo caso a causa di una ex staffetta partigiana, che durante una gita, lo porta proprio lì.
E quel fuoco tedesco che lasciò quella baita a metà, fra pietre ammassate e legno annerito, con vista su vette e colli, fu lo stesso che accese Dario e gli fece promettere: “io resto qui”. Ai sogni servono cuore, braccia e sudore. Poi arrivò Carmen, conosciuta durante una gita e conquistata anche grazie a due piedi freddi da scaldare. Il rifugio SAP è uno scrigno con radici di abete bianco e l’anima di Dario e Carmen (insieme ai loro ragazzi).
Un posto libero, anche di organizzare un festival con un SAPORE da riempire ogni volta di un gusto diverso, fra parole, musica, immagini. 
Io torno lassù per ascoltare Lorenzo, romano, emigrato prima in Australia e poi in Piemonte. Salito ai 1500 metri per raccontare le sue storie, fatte di subbutei e di respiri, di minoranze e metal detector, fra veri italiani e squali della Groenlandia. Fra la voglia di restare su un divano e l’andare per asfalto bagnato.
Il suo concerto porta colori giallorossi, nonostante un meteo incerto e insieme a quella scena di suo nonno, regala tutta la tenerezza di un ricordo nella richiesta ad un nipote di sbucciare un arancio. 
Di cui ti resta in bocca un sapore profumato e nelle orecchie un ritornello. 
Nel nido di Dario “non staremo per sempre e non staremo per niente”, ma cercheremo da quassù di urlare più forte, per farci sentire e per evitare che il tempo che passa si porti via certi ricordi.
albiabba@libero.it