Fermo immagine di Alberto Abbà

Compagno in spalla

Ora se ne sta immobile sulla sedia qui a fianco. In posizione di riposo e con la parte superiore aperta, quasi a respirare in attesa di ripartire. Il mio zaino è un compagno fedele ormai da qualche anno ed è quello con cui passo più tempo. Non lo so quanti chilometri faccia con un litro, ma di litri ne tiene quaranta. Nero e verde acceso, con tasche e zip e lacci dove servono e con qualche cucitura di rattoppo che racconta ferite e usura.
In questi tempi di specializzazioni estreme è un vero quattro stagioni, che a seconda del periodo accoglie l’attrezzatura necessaria. Computer, cavi di ricarica e schiscetta per il pranzo nelle trasferte lavorative su Milano. Abbigliamento per il freddo e per la sicurezza nelle gite di sci alpinismo. Maglietta di ricambio e giacca per la pioggia a camminar sui monti d’estate. Pranzo tipico con pane che scrocchia, formaggio, salame, frittata, biscotti. Vino e digestivi fatti in casa. 
Accoglie funghi e castagne d’autunno. Trasporta frutta. Mi fa da borsa della spesa quando vado a piedi a far rifornimento nel supermercato in paese. Da cuscino su certi prati, da schienale appoggiato a rocce o muri di case abbandonate.
La borraccia con l’acqua nella tasca laterale sempre. 
E poi la bellezza delle scelte prima di partire per un cammino. 
Cosa mettere e cosa lasciare, nella responsabilità di un peso da portare e nel prevedere un effettivo utilizzo. 
Voglio bene al mio zaino e non potrebbe essere altrimenti per uno che porti a “garabigiule” (o a cavallina o nei mille modi in cui ognuno nomina quella tenera posizione).
PS: pillola per l’estate. 
I manuali dei cammini e dei camminatori esperti, consigliano di caricare lo zaino per un massimo del 10% del proprio peso. 
Il mio consiglio invece è più filosofico ed è quello di buttarci dentro qualcosa e di partire.
albiabba@libero.it