Fermo immagine di Alberto Abbà

La gentilezza

Ad agosto il sole picchia forte. Sull’asfalto bollente una squadra di operai è al lavoro in una via di paese. Scarpe spesse, pantaloni arancioni, canottiere bianche (o quasi), visi sudati sotto ad un caschetto e pelle bruciata.
Verso mezzogiorno si apre la porta di un cancello ed esce una ragazzina, con dentro al cestino di vimini una bottiglia appannata di acqua fresca e quattro bicchieri di vetro.
La gentilezza arriva così, “a gratis”, in un gesto inaspettato che disseta e che si ripaga con un semplice grazie.
La gentilezza è contagiosa e vale doppio, fa bene all’autore del gesto e a chi lo riceve. 
In un mondo che urla e prende a schiaffi, assume la forma di una carezza e i decibel di un sussurro. Si annida in mezzo alle pieghe ed è visibile a pochi.
Un passaggio in avanti offerto alla cassa quando hai nel carrello della spesa solo tre pezzi, un posto ceduto in coda alla biglietteria quando rischi di non fare in tempo, una parola attenta in una sala d’attesa o in un letto all’ospedale. Raccogliere quella lattina sopra ad un prato.
Il tempo di un ascolto, un invito a restare, uno strappo in auto, un saluto con nome e sorriso.
Te li ricordi tutti quei gesti ricevuti, forse dimentichi i volti, ma non quel tepore che li ha accompagnati.
Mario Calabresi dice che per essere gentili ci vuole coraggio e sulla gentilezza ha realizzato un podcast, mettendoci dentro storie, ambiente, predisposizione, genetica, poesia.
Algoritmi sulla gentilezza ne abbiamo? Si può rispondere in modo gentile a chi aggredisce?
Non lo so e non so come si possa misurare e quale potrebbe essere la sua unità di misura.
Ma fra i tanti slogan sfornati in questi anni che macinano e tritano immagini e parole un bel “più gentilezza per tutti” ci starebbe bene, come il basilico profumato, appena raccolto nell’orto, messo sopra il sugo al pomodoro.
albiabba@libero.it