Fermo immagine di Alberto Abbà

Giù il gettone

Dalla piazza arrivano i suoni e le voci. Le feste di paese continuano ad ospitare le giostre, nonostante il tempo che passa e i tempi che cambiano. Erano attese un anno intero, con quel misto di gioia per le varie attrazioni e quella malinconia che portava settembre con la ripresa della scuola e la fine dell’estate. Eccole là, tutte insieme, una vicina all’altra. La giostra a giro dei piccoli, la prima frequentata, con l’obiettivo di acchiappare quel codino, allungando il braccio da un cavallo, una macchinina, un’astronave. 
La prima abbandonata, per passare agli scontri sull’autopista. Prendendo la mira e la rincorsa per sbattere più forte, gasati dalla musica disco. Le catene erano roba da grandi e sì che quello era un codino vero che bisogna prendere in volo. Preferivo il volare degli aeroplani che andavano in alto, ma mantenevano un contatto con quel braccio meccanico. Sparare laser sonori con l’illusione di abbattere i concorrenti e restare gli unici lassù a braccia alzate per la vittoria. La pesca dei cigni, da prendere al laccio nel finto laghetto. Sparare alle lattine per vincere un peluche o una liquirizia. Mettere monete in quelle gru che più che prese in giro non regalavano. 
Il pungiball che slogava i polsi, lo stringi corna del toro per sentirsi insultare. Le prime sale di videogiochi, ormai spazzate via. Più in là con gli anni il tappeto volante, le ruote, il tagadà per stomaci in subbuglio. Quel barattolo pieno di monete risparmiate finiva in qualche ora. Giorni condivisi con i compagni di scuola, gli amici del quartiere e con la speranza di poter offrire una corsa alla ragazza che ti piaceva. E così fantasticavi e ti perdevi nei pensieri, nelle strategie e in chissà cos’altro. Fino al prossimo giro di giostra, in cui avrebbe potuto succedere di tutto. 
Giù il gettone.
albiabba@libero.it