La parola del Papa

Lo Spirito Santo e la preghiera cristiana

Nella catechesi di mercoledì scorso il Papa ha continuato la sua riflessione sullo Spirito Santo

L’azione santificatrice dello Spirito Santo, oltre che attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, si esplica nella preghiera, ed è a questa che vogliamo dedicare la riflessione di oggi: la preghiera. Lo Spirito Santo è nello stesso tempo soggetto e oggetto della preghiera cristiana. Egli, cioè, è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera. Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi. Pensiamo un po’ a questo: pregare da figli di Dio, non da schiavi. Si deve pregare sempre con libertà. “Oggi devo pregare questo, questo, questo, questo, perché io ho promesso questo, questo, questo… Altrimenti andrò all’inferno!”. No, questo non è preghiera. La preghiera è libera. Tu preghi quando lo Spirito ti aiuta a pregare. Tu preghi quando senti nel cuore il bisogno di pregare; e quando non senti nulla, fermati e domandati: perché non sento la voglia di pregare, cosa succede nella mia vita? Sempre, la spontaneità nella preghiera è quello che ci aiuta di più. Questo vuol dire pregare da figli, non da schiavi.
Anzitutto, dobbiamo pregare per ricevere lo Spirito Santo. C’è, a questo riguardo, una parola ben precisa di Gesù nel Vangelo: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,13). Ognuno, ognuno di noi, ai piccolini sappiamo dare le cose buone, siano i figli, siano i nipoti o gli amici. I piccolini sempre ricevono da noi cose buone. E come il Padre non darà lo Spirito a noi? E questo ci dà coraggio e possiamo andare avanti. Nel Nuovo Testamento vediamo lo Spirito Santo discendere sempre durante la preghiera. Scende su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre «stava in preghiera» (Lc 3,21); e scende a Pentecoste sui discepoli, mentre «erano perseveranti e concordi nella preghiera» (At 1,14).
È l’unico “potere” che abbiamo sullo Spirito di Dio. Il potere della preghiera: lui non resiste alla preghiera. Preghiamo e viene. Sul Monte Carmelo i falsi profeti di Baal – ricordate quel passo della Bibbia – si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla, perché erano idolatri, adoravano un dio che non esiste; Elia si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l’olocausto (cfr 1 Re 18,20-38). La Chiesa segue fedelmente questo esempio: ha sempre sulla bocca l’implorazione “Vieni! Vieni!” ogni volta che si rivolge allo Spirito Santo, “vieni!”. E lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico.
Ma c’è anche l’altro aspetto, che è il più importante e incoraggiante per noi: lo Spirito Santo è Colui che ci dona la vera preghiera. San Paolo afferma questo: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (Rm 8,26-27).
È vero, noi non sappiamo pregare, non sappiamo. Dobbiamo imparare ogni giorno. Il motivo di questa debolezza della nostra preghiera veniva espresso in passato in una sola parola, usata in tre modi diversi: come aggettivo, come sostantivo e come avverbio. È facile da ricordare, anche per chi non sa di latino, e vale la pena tenerlo a mente, perché da solo contiene un intero trattato. Noi esseri umani, diceva quel detto, “mali, mala, male petimus”, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male).