Fermo immagine di Alberto Abbà

Terre di onde

Se ti sporgi da quella terrazza le vedi. Lingue di terra, che sembrano onde.
Oggi le osservi così, pettinate e precise, come tela di un pittore. Ma quei filari su quei pendii scomodi sono frutto di schiene piegate dal lavoro. Sono il risultato di una resistenza nel restare, di donne e di uomini che conoscevano bene il sapore della fatica.
Terre di storie di vita, fra viti e noccioleti. 
I bacialè erano figure tipiche di queste zone, che combinavano matrimoni, fra uomini delle cascine e donne del sud. La loro paga era in cappoti e prodotti della terra. Anni sessanta, in cui il richiamo delle città era forte e la Langa a rischio di spopolamento. Prima del sì, avvenivano degli incontri, per capire se l’unione poteva funzionare, ma molto dipendeva dalle necessità di famiglie numerose e speranze di futuro. Tradizioni e dialetti diversi che si mescolavano. La cultura del lavoro denominatore comune.
Quella terra non basta da sola a raccontarsi. Lei lo sa, ma le persone che oggi transitano su quelle colline vedono solo cantine e patrimonio Unesco e non la malora che fu.
Serve qualcuno che racconti quelle storie, che sembrano appartenere a tempi lontani e invece basta parlare con nonni o genitori.
E allora si capisce l’importanza di Pavese e Fenoglio, che hanno lasciato una traccia indelebile. Non hanno lavorato con la terra, ma con le parole. Hanno raccontato quella luna, uguale da sempre, ma attraverso gli occhi di Anguilla di ritorno dal mondo e di Nuto che da quel mondo non si era mai allontanato. Hanno raccontato un pezzo di Storia attraverso quella più privata di Milton e Fulvia. 
Il tempo che passa è un affresco, ma è nei puntini che si trova la quotidianità di ognuno. 
Il saper fare preserva, conserva, porta avanti. 
Il dare voce, prende quelle storie a rischio oblio, le toglie dal tempo e le rende eterne.
albiabba@libero.it