Fermo immagine di Alberto Abbà

42 ore a Roma

La calma di un sabaudo venerdì mattina di ferie. La passeggiata verso la stazione interrotta da una tazzina di caffè. Vetrine con pasticcini e grissini. Una signora interroga il suo barboncino, che non risponde.
Il cuore in gola a vedere sul tabellone dei treni, il Frecciarossa prima del mio cancellato. Pensare subito a possibili alternative, imprecando. La gentilezza e la calma di un’eroica addetta delle ferrovie, circondata da persone confuse e agitate, funziona meglio della valeriana. L’annuncio della partenza del treno con un’ora di ritardo, si trasforma quasi in una festa. 
Il viaggio passa veloce, fra respiri, libro e quaderno.
Lo scrocchio di una mela fra i denti, il profumo di un sukai. Un saluto a Bologna e Firenze dal finestrino. 
Una serata ad Alta Quota, con racconti che si appigliano a zaini, mappe, scarpe e attrezzatura sportiva. Dodici i narratori di fronte ad un pubblico attento, che accoglie l’arte gentile del camminare e poesie in rima. Che sente il freddo in parete, la tristezza sul Morrone, il gusto della carne dell’orso. Fra la musicalità degli haiku e le note di Antonio e Vasco Brondi.
La pioggia che scoraggia i pigri, rende più unito il gruppo errante, accolto dalla Garbata Ostella e osservato dai colorati murales di Tor Marancia. Lontano dai rumori della città, fra parchi e orti, accompagnati dal buon Carlo e dalle letture di un autore sconosciuto in arrivo dal Piemonte. 
Una fuga a Colleferro, non meta di turisti, ma dotata di un’eccellente biblioteca, che richiama amanti e curiosi delle vette dell’Appennino. 
La cena nel cortile della Casetta Rossa è una coccola che ti fa capire che la primavera è arrivata.
Verso il ritorno, lascio alle spalle, due case, a distanza di pochi metri. 
Una esplode a causa di una fuga del gas, l’altra ti fa sentire accolto. 
Lo stare male o bene, a volte, è solo questione di centimetri.
albiabba@libero.it