Vangelo

Il Vangelo della Domenica

Dal Vangelo secondo Giovanni 8,1-11

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova...     (...)

5ª TEMPO QUARESIMA (C)

Gesù è seduto in un angolo della piazza del tempio, tanta gente attorno, sta insegnando. “Tutto il popolo” lo riconosce come un maestro, lo cerca, va da lui, lo ascolta. Gerusalemme è piena di pellegrini. Dà fastidio ai responsabili della religione uno non ufficialmente riconosciuto che sta predicando, con un messaggio distante dalla severità delle prescrizioni antiche. Nel trambusto, una donna è accusata di adulterio. È l’occasione propizia per mettere in difficoltà quello scomodo nazzareno. La legge, quella sacralizzata dall’imprimatur di Mosè, dice che il caso ha una sola soluzione, la morte per lapidazione. Quella norma, anche se poi forse non veniva in realtà mai applicata in Israele, serviva come deterrente e come segnalazione della gravità del peccato. 
Purtroppo, non ci sorprende una legge così crudele e maschilista, tanto simile a cronache di oggi dentro culture ancora dominanti in terre e popoli nel nostro terzo millennio civile. Gesù è maestro del rispetto per ogni persona, che sta sempre prima dei suoi possibili stessi errori. 
È molto particolare l’insistenza dell’evangelista sui “movimenti” di Gesù. In silenzio, si china, traccia segni per terra, si alza, parla. Per due volte. Come primo gesto pone una esigenza di pausa silenziosa. Le parole di giudizi e condanne sono spesso così rumorose da, o forse per, far tacere il cuore. Il silenzio spiazza chi è superficiale. Il silenzio mette a disagio chi segue le urla della folla. Il silenzio obbliga a fermarsi, a guardare, ad ascoltare, a pensare. Gesù si china, invitando tutti a mettersi ai piedi non di un codice penale, ma del mistero della persona, a partire da sé stessi. Si alza, poi, per parlare a chi forse ora ha già avvertito che esiste una legge diversa dalle frettolose condanne. I movimenti si ripetono. In mezzo c’è la decisione degli accusatori di andarsene, la solitudine di quella donna, lo sguardo “nuovo” di Gesù. 
Il peccato è un male molto grave perché distrugge la vita di chi lo commette. Nessuno odia il peccato quanto Gesù, perché nessuno ama l’uomo più di lui. Tuttavia non condanna chi sbaglia, per non aggiungere altro male a quello che il peccatore si è già fatto. Egli non banalizza la colpa, ma fa ripartire il futuro. 
Dio perdona perché ha fiducia in me, nel bene che posso costruire, e non nel peso dei miei errori.
Buona domenica.