Vangelo

Il Vangelo della Domenica

Dal vangelo secondo san Luca  24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori...        (...)

ASCENSIONE DEL SIGNORE (C)


Gli apostoli, fin dall’inizio, hanno avuto modo di rendersi conto della grandezza salvifica unica della Pasqua. Per raccontare questa consapevolezza, noi occidentali avremmo fatto un discorso. Un orientale, concreto come l’evangelista Luca, lo esprime con un racconto, un’immagine, un disegno del cuore. Nei primi secoli della Chiesa, almeno fino al 400, questa festa dell’Ascensione non esisteva: c’era un’unica grande festa, la Pasqua. Più tardi, i cristiani hanno voluto sottolineare i tre aspetti: la resurrezione (Pasqua), la salita al cielo di Gesù (Ascensione) e la discesa dello Spirito (Pentecoste). Ma essi sono un unico evento: Gesù è risorto, è in Dio Padre e rimane presente in noi con il suo Spirito! 
È questa la meravigliosa novità del Vangelo, che i discepoli sono chiamati a testimoniare: Gesù fisicamente non c’è più, ci siete voi. La chiesa non deve stare con il naso all’insù (come dice nel racconto il libro degli Atti), deve vivere il vangelo nella consapevolezza di una nuova presenza di Gesù Cristo, dentro il soffio dello Spirito Santo, protagonista della storia del discepolo, volto della sua testimonianza. 
L’ultima immagine di Gesù, nel racconto del vangelo di oggi, sono le sue mani alzate a benedire: «E, alzate le mani, li benedisse». Quella benedizione è la sua parola definitiva, parola che raggiunge ciascuno di noi e non terminerà mai. Assicura che la vita è più forte delle sue ferite. 
Egli ha lasciato una benedizione, non un giudizio, non una condanna, non un lamento, non una imposizione. I discepoli avrebbero dovuto essere tristi perché finiva la presenza del loro Amico, del loro Maestro… e invece no: essi tornarono a Gerusalemme con grande gioia. 
Quella “benedizione” è la certezza che Gesù non se ne va altrove, egli entra nel profondo di tutte le vite, per sempre. Quella “benedizione” è la gioia di sapere che il nostro amare non è inutile, perché sarà raccolto goccia a goccia, sarà vissuto per sempre. Quella “benedizione” è la bellezza di vedere in Gesù che l’uomo non finisce con il suo corpo, perché la nostra carne ora è fatta di cielo. 
Se prima Gesù era con i discepoli, ora sarà dentro di loro. Dentro di me, dentro di te! Smettiamola di guardare tra le nuvole per cercare il volto di Dio, perché Egli “ritorna” ogni giorno dentro le pieghe di tutto ciò che vivo.
Buona domenica.